La follia del partire, la follia del restare [recensione]

Meno di una settimana fa mi sono fatta spedire “La follia del partire, la follia del restare” Sottotitolo: “Il disagio mentale nell’emigrazione italiana in Australia alla fine dell’Ottocento“.

Ecco, sono stata tratta un po’ in inganno devo dire dalla mia ignoranza, perché pensavo fosse narrativa o la raccolta di testimonianze di vecchi emigranti, con il raffronto dei sentimenti che pervasero queste persone coraggiose e piene di speranza, nel lungo viaggio in Australia.

In realtà, ve lo dico, è un documentario con la ricostruzione di cosa successe in quel periodo ad alcuni migranti, con la raccolta di alcuni scritti storici.

f32754f907b3b7a3cb2014ee8ef0991aIn breve: in Italia, ma anche da molte parti del mondo, soprattutto in quei posti dove ci furono carestie anche temporanee (ma ai tempi non c’era la grande distribuzione e significava la fame vera), molti furono attratti dalle promesse di facili guadagni e dalla possibilità di trovare giacimenti d’oro in Australia.

In realtà nei giacimenti si finiva a fare i minatori, e non a guadagnare fortune o impossessarsi degli stessi, e spesso le condizioni di vita e la profonda mancata integrazione (lingua,  pessime condizioni igieniche, diffidenza dei locali, etc) portavano queste persone a diversi stadi di depressione se non pazzia, fino a riempire interi manicomi tristemente divenuti famosi in Australia.

Spesso molti di loro erano ignoranti o poco più, e se non lo erano loro lo era la famiglia di origine, pertanto una semplice lettera di saluti poteva diventare un problema per scriverla, recapitarla e farla giungere a destinazione, e magari in risposta non arrivava nulla. Per cui lo stato di sconforto degli emigrati diventava totale.

Quel che vi ho letto è tanta solitudine, ingenuità ed ignoranza nei confronti del paese ospitante ma anche di come vanno le cose nella vita lavorativa. Gli unici che ebbero successo furono pochi industriali, con la mentalità da imprenditori, che riuscirono in molti casi a replicare i successi della madrepatria o ad inventarsene di nuovi.

Quei pochi poi che riuscivano a rimetter su il capitale per tornare finalmente a casa (perché quello era l’obbiettivo finale, non cambiare vita), si sentivano estranei in casa propria. Il mondo ai tempi cambiava talmente in fretta ed era così diverso da un continente all’altro che tutto diventava “estraneo”, in un vortice da cui molti non riuscivano più ad uscire.

Questo libro mi ha fatto molto riflettere su come siano moooolto diverse le cose ai giorni d’oggi. Certo l’Australia è comunque lontana, ai tempi si parlava di mesi di navigazione dai quali si arrivava a volte in fin di vita, ora si parla di ore di aereo, e spesso mettere da parte i soldi per il viaggio può essere un problema, senza parlare di visti e altre burocrazie.

Però è certamente tutto più semplice, si può più facilmente reimpatriare e farsi mandare i soldi in caso di emergenza, nonché comunicare tutti i giorni con tutti i mezzi a disposizione, con i familiari e gli amici più cari.

Credo che in sintesi, ci voglia più coraggio a restare, che a partire, o almeno a provarci.

Voi che dite?

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